Il nonno di Biancaneve non aveva il Parkinson

Un tempo, il regno di Rosario era pieno di vita. C’erano officine, stanze luminose, voci che lavoravano, mani che costruivano. Era un impero fatto di dignità, non di potere.
Ma oggi, quel regno non esiste più.
Questo testo è l’introduzione narrativa alla sceneggiatura di “Biancaneve nella mafia”.

Si chiamava Rosario e regnava per amore del territorio e dei suoi abitanti.

Il nonno di Biancaneve si chiamava Rosario. Era un uomo instancabile, di quelli che non si fermano mai, nemmeno quando il corpo comincia a chiedere tregua. Il suo regno non era fatto di castelli e corone, ma di lavoro, di fatica, di dignità. Aveva costruito tutto con le sue mani, con il sudore della fronte e la schiena piegata, ma mai spezzata.

Agnese, la figlia avrebbe voluto partecipare. Avrebbe voluto essere vista, riconosciuta, forse anche amata. Ma Rosario, pur generoso con tutti, la lasciava sempre in disparte. Non per cattiveria, ma per quella distrazione tipica di chi è troppo impegnato a tenere in piedi il mondo.

Agnese quindi cresceva in quel silenzio. Covava qualcosa dentro di sé, qualcosa che non riusciva a nominare. Era rabbia, sì, ma anche fame di riconoscimento, di potere, di riscatto. E quando la rabbia non trova parole, cerca alleanze.

Fu così che Agnese decise di legarsi alla famiglia Pomì. Una famiglia siciliana, rinomata, dura, abituata a scalare le gerarchie con caffè e pasticcino in mano e le umiliazioni in tasca. Lì, dove per arrivare in alto bisognava ingoiare il fango, pulire sterco e sorridere, i Pomì avevano imparato a sopravvivere. E a colpire.

Rosario, ignaro, li accolse nel suo regno. Ospitò i Pomì più volte, in vista del matrimonio. Mise a disposizione la sua casa, il suo tempo, persino la sua fiducia. Ma i Pomì non capivano. Non capivano come quell’uomo, senza padrini né scorciatoie, avesse costruito un regno così solido. E l’invidia, si sa, è una strega che non ha bisogno di pozioni per agire.

Il giorno del matrimonio, Lina Pomì si avvicinò a Rosario con un calice in mano. “Che possano vivere e regnare per sempre felici,” disse, con un sorriso che sapeva di carta vetrata. Rosario bevve. Non sapeva che nel calice c’era la polvere della strega dei Pomì: un concentrato di tortura, ingiustizia, morte lenta.

E anche un alleato potente interessato al controllo e al degrado del sud italia: un esercito scelto di specialisti cattivissimi provenienti dagli Stati Uniti d’America e dall’Inghilterra.
Veri esperti di manipolazione neurochimica o induzione sistemica della paura, dove l’effetto non è frutto di una debolezza psicologica, ma di un innesco fisiologico preciso, orchestrato da chi conosce il funzionamento del sistema nervoso simpatico.

Da quel giorno, Rosario cominciò a spegnersi. Ma non si fermò. Lavorò fino all’ultimo respiro, come se il regno potesse salvarlo.
E forse, in un certo senso, lo fece.

Quando morì, i Pomì si presentarono all’ospedale con la penna in mano e gli incartamenti pronti. Volevano chiudere il regno, metterci sopra un timbro, una firma, una fine.

Alla madrina di Biancaneve, Agnese, che non aveva sangue Pomì, fecero bere un sorso del calice. Non la uccise, ma la condannò a tremare. Per tutta la sua ingrata vita.

I Pomì, dopo averne preso possesso, lo hanno svuotato. Ci hanno messo la spazzatura. Ci hanno fatto stare gli immigrati, ammassati come oggetti, senza rispetto né cura. Non per accogliere, ma per degradare. Perché dove prima c’era costruzione, ora c’è solo sfruttamento.

Per facilità di amministrazione ed evitare il duro lavoro che richiede troppa capacità, sconosciuta alla famiglia Pomì, il regno è diventato un deposito di sofferenza.
Un luogo dove si respira distruzione. Dove ogni traccia di Rosario è stata cancellata, tranne il tremore. Quello resta. E vibra ancora, sotto i muri scrostati, come una memoria che non vuole morire.

Biancaneve, però, non era ancora nata. E la storia, quella vera, non era ancora cominciata.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Torna in alto